La scatola rossa aveva (quasi) ragione!

Ho avuto il piacere di provare Dungeon World (da ora DW). Abbiamo giocato in cinque ambientando le partite nel Norwold di Mystara: si trattava di un esperimento e per alcuni di un primo approccio a questo gioco, così si è deciso di fare un numero di sessioni limitato. Eravamo partiti per farne tre, ma poi sono diventate cinque, per poter chiudere il fronte in maniera più soddisfacente per tutti.
Per quanto mi riguarda avevo già provato, da giocatore, Il Mondo di Apocalisse (una lunga campagna di quasi venti sessioni) e ho arbitrato un paio di partite de Il Mostro della Settimana.

Terminata l'ultima sessione (davvero divertente e piena d'azione), ci siamo fermati per scambiare qualche opinione sul gioco e le parole di uno dei presenti mi hanno fatto venire in mente il titolo di questo post. In realtà non dirò nulla di nuovo; tutti sappiamo quali siano le atmosfere che LaTorra e Koebel hanno cercato di restituirci con questo titolo e probabilmente condividiamo con loro un curriculum ludico molto simile. Gli stessi ragazzi che hanno giocato con me vengono da quel percorso; tutti hanno giocato alle varie edizioni italiane di D&D e ad altri mostri sacri del passato del gdr.

Solo il mio punto di vista vuole essere diverso. Siamo abituati a considerare DW a partire dalle recenti evoluzioni del design dei gdr e con lo sguardo a quello che ancora (speriamo) verrà. Vorrei, invece, considerare questo gioco guardandomi alle spalle; in particolare ripensando al periodo nel quale ho conosciuto il gdr, giocando con l'edizione di Frank Mentzer di D&D, ovvero la famosa scatola rossa.

I personaggi dei giocatori sono creati con una meccanica diversa da quella di mostri e png.
Una cosa che era vera solo in parte, purtroppo, per il D&D edizione Mentzer. I mostri avevano le loro tabelle dei tiri per colpire ed erano costruiti con una meccanica tutta diversa dai personaggi giocanti, con dadi vita, danni, abilità speciali che non avevano niente a che vedere con le regole che usavi per creare il tuo alter ego di gioco: non era altrettanto, però, per i nemici che ricadevano sotto gli stessi archetipi delle classi. Quindi per creare delle guardie avversarie, il DM si doveva comunque "costruire" dei guerrieri umani a partire dalla classe del personaggio giocante. Nella terza edizione questa procedura è diventata la norma e quando i pg dei giocatori arrivavano ad alti livelli, esigendo quindi sfide più impegnative, poteva condurre alla follia il più paziente dei master. A meno di non trovare dei png già fatti (cosa non difficile con internet) il Master spendeva molto tempo a casa a prepararli, prima della partita: se poi si trattava di un png speciale o di un nemico strano e/o particolarmente importante per la campagna, si rischiava veramente di passarci le giornate (con tonnellate di punti abilità e talenti da distribuire). E non potevi certo improvvisarli, considerando che gli scontri dovevano essere condotti con l'esattezza di un wargame da tavolo (sempre che si volesse seguire le regole così come erano scritte). DW accetta questa vecchia intuizione della diversità dei personaggi giocanti dal resto del "cast" ma la completa e la esalta: costruire mostri e png è un vero spasso e permette di concentrarsi realmente sulle cose che li rendono unici, spaventosi, epici, con una dispersione minima di tempo sui dettagli tecnici. Mi vien da dire che le classi di DW (e della 4^ edizione) sono concettualmente molto più simili a quelle della scatola rossa di tutte le varie terze edizioni.


Tiri Salvezza vs Abilità
Il mio primo approccio con le abilità in D&D (e in un gdr in generale) fu con l'atlante Granducato di Karameikos dove venivano introdotte per la prima volta in quella edizione. Si trattava di un sistema piuttosto elementare e inizialmente fui contento di averlo a disposizione perché mi sembrava che mancasse una cosa del genere: giocando, però, si rivelò piuttosto inutile. Gli eroi di D&D avevano già i Tiri Salvezza per confrontarsi con i pericoli tipici delle loro avventure: per quello che non era coperto dai TS si dovevano risolvere i problemi posti dalle avventure col combattimento, con la magia o con l'astuzia e la parlantina del giocatore stesso (doti innate riportate in fase di interpretazione), e che un guerriero sapesse cavalcare ci era sempre sembrato ovvio, senza che ci venisse nemmeno in mente di quantificare quanto bene cavalcava. E anche se si fosse trattato di un mago o di un chierico, le loro sfide e il gusto della loro evoluzione come personaggi erano posti, dal regolamento, in altri aspetti. Insomma le avrò usate sì o no 10 volte. Con le successive versioni di D&D ci hanno abituati ad avere sistemi di abilità spesso ipertrofici, fino all'esito disastroso della 3.0/Pathfinder, con abilità assolutamente inutili messe lì per giustificare la spesa di punti di determinate classi (tipo il povero e bistrattato ladro). Qui in DW non c'è questo pericolo; le normali competenze dei personaggi sono demandate alla fiction che i giocatori sono chiamati a produrre, mentre le sfide più ardue ricadono sotto la mossa di sfidare il pericolo (che in pratica è come i Tiri Salvezza e anche qualcosina di più). Saranno le situazioni nelle quali i giocatori decidono di lanciarsi a mettere alla prova le competenze che si sono evocate nella fiction: il mio bardo può saper cavalcare, magari gli ha insegnato suo padre, e non ho bisogno di sapere se ha Cavalcare 1 o 5 una volta che questo è appurato. Se però deve fuggire a cavallo da una tribù di goblin che lo sta bersagliando allora è molto interessante metterlo alla prova con un bel sfidare il il pericolo. E non pensiate che sia una puerile semplificazione o che possiate decidere arbitrariamente di saper fare tutte le cose che volete; siete vincolati alle domande del DM, al rischio di attivare una mossa dura, alla fiction a cui è naturalmente chiamata la vostra classe e alla coerenza col mondo di gioco (cosa pensate vi risponda il DM se in un fantasy classico chiedete l'abilità pilotare astronavi?). Il concetto dei TS è riproposto e migliorato.

Esperienza
Nelle varie edizioni di D&D un'altra costante è quella del modo in cui si avanza di livello: ovvero facendo fuori mostri e accumulando tesori. E' un binomio, questo, che ha creato un vero stile di gioco (e.u.m.a.t.e.: entra uccidi mostro arraffa tesoro esci), a discapito di altri aspetti, come la storia e le motivazioni del personaggio, i rapporti con gli altri membri del gruppo, che nella partita rimanevano comunque importanti ma ai quali dalle regole non veniva riconosciuto alcun peso in fase di retribuzione in punti esperienza. In DW tutti i fattori classici che in D&D determinavano l'avanzamento di livello sono presenti ma equiparati agli elementi di interpretazione e creazione di fiction. Il punto esperienza che guadagnate alla fine della sessione per aver esaurito un legame, vale tanto quello che guadagnereste per aver saccheggiato un bottino rilevante o aver sconfitto un nemico importante. Nella mia esperienza di gioco la velocità di avanzamento mi è sembrata giusta e una volta presa confidenza con la meccanica dei legami è facile e divertente mettersi a crearne subito di nuovi, rispetto anche a quelli proposti sulla scheda. Alla fine di 5 sessioni avevo un ladro di terzo livello. Anche l'allineamento nella mossa di fine sessione, riacquista il giusto rilievo.

Insomma, nel nuovo modo di intendere il fantasy dei labirinti e dei draghi si riprende il buono che c'era del vecchio, e si lasciano nel passato scelte incerte di game design, per sostituirle con regole orientante a una piena soddisfazione di tutti i giocatori (Master compreso). Rimane intatto il gusto avventuroso di quei primi giochi di ruolo fantasy, ai quali siamo debitori di un grande immaginario condiviso, di alcune bellissime ambientazioni ed efficaci atmosfere ludiche, ma le regole di DW stanno veramente su un altro pianeta rispetto al passato. Un gioco che fa davvero quello che promette; qui sì che c'è il gioco d'avventura fantasy! Peccato che in tanti elementi di continuità l'unico dado che non si usa in DW è proprio quello da 20 facce.

Schema delle edizioni di D&D.





Commenti

  1. Mi sto leggendo pian piano tutti i tuoi articoli, sono degli ottimi lavori! Anche questa questione è ben posta e questa volta concordo appieno, ci sono a quanto capisco più comunanze tra OD&D e DW che tra OD&D e D&D 3.0
    Alcuni hanno anche teorizzato che il motivo sia dato da alcune fughe di cervelli che dalla ICE si sono spostate alla WotC, cosa però che non ho verificato nel dettaglio. Di sicuro una grande influenza sulla 3.X l’ha avuta Monte Cook, che però aveva scritto anche per Rolemaster (Dark Space è un esempio).
    Altri indizi sarebbero la meccanica degli skill portati in salsa D20 dal D100, sempre quella è la teoria e la possibilità evolutiva dei personaggi.

    Elucubrazioni a parte, la sensazione è quella che esponi tu. D&D base è un sistema molto più adatto a costruire scene alla DW, pur essendo un gioco vetusto. Anche “Zeb” Cook del resto lo scriveva in AD&D 2° edizione: non ci sono troppe regole sul combattimento perché non si tratta di un wargame, lasciate i giocatori liberi di descrivere le loro mosse, non dite di no, ma semplicemente applicate un modificatore ;)

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  2. Una lettura così partecipe è sempre gradita! Ti consiglio questo articolo da un altro blog, per avere il punto di vista di un giocatore alla sua prima esperienza con DW. http://universidgr.wordpress.com/2014/07/03/la-mia-prima-sessione-a-dungeonworld/

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    1. Ciao Francesco,

      sarà fatto. Una domanda se non ti dispiace? Vorrei aggiungere il tuo sito tra quelli che seguo per averti tra gli articoli che passano sul mio blogroll. Ti dispiacerebbe aggiungere quest'opzione di blogspot?

      Grazie in ogni caso e a presto.

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  3. Risposte
    1. Oddio,

      sui miei blog compare sotto la voce "Lettori fissi", ci si collega con l'accout google e viene visualizzata la faccina.

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    2. Ok, puoi seguire via mail o con l'iscrizione al blog.

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