Far giocare una storia

L'intento di questo articolo vorrebbe essere quello di fare una rapida panoramica di alcune modalità di scrittura  e gestione di avventure per giochi di ruolo: da queste modalità derivano (o comunque sono collegate fortemente) altrettante declinazioni concrete di gioco di ruolo. Non ho lo scopo di essere enciclopedico e articolato o di stilare una gerarchia di importanza fra vari modelli, ma solo di provare a circoscriverli descrivendone, sommariamente, potenzialità e difficoltà.

Un solido punto di riferimento è buon inizio


1. AVVENTURA-COPIONE
La chiamo così perché a me ha sempre ricordato il copione di una recita, di una rappresentazione teatrale, ma senza l'arte mimica e performativa dell'attore. E' il tipo di scenario che la maggior parte dei giocatori di ruolo ha conosciuto come prima esperienza, sia da arbitri che non; ed è anche la forma editoriale tipica delle avventure ufficiali, quelle commercializzate dalle case editrici per questo o quel sistema di gioco. C'è una linea narrativa molto precisa, ci sono fatti, personaggi e luoghi che si inanellano l'uno all'altro in maniera stringente: è perfino divisa in capitoli o sezioni e le scene che i giocatori andranno ad affrontare sono spesso precedute da narrazioni introduttive che l'arbitro deve leggere a voce alta (e talvolta senza omettere o cambiare nulla, perché vi sono presenti particolari descrittivi che dovrebbero indirizzare, o quanto meno aiutare, i giocatori nel risolvere dilemmi e ostacoli). Io ho iniziato con questo archetipo di scenario. Molte delle pubblicazioni di questo tipo sono diventate ben note a giocatori e collezionisti, e ad entrambi, laddove i due ruoli combaciano: la Campagna Imperiale di Martelli da Guerra, L'Oscuro terrore della Notte o Il maestro dei nomadi del deserto per D&D etc. Quando una persona molto giovane, magari adolescente, si avvicina al particolare tipo di intrattenimento che è il gioco di ruolo, questa struttura di gioco può dare molta sicurezza; non è facile inventare dal nulla una storia, figurarsi una storia che deve avere mostri, sotterranei da esplorare, trappole, traguardi finali e così via. Questa sicurezza viene ricercata anche da giocatori di età più matura, un po' perché diventa il loro modo principale di intendere il gdr e un po' perché ci si abitua al fatto che sia l'arbitro a preoccuparsi che la storia proceda, mentre i giocatori reagiscono alle situazioni in attesa del loro personale momento di protagonismo. C'è anche da aggiungere che questo modo di scrivere e gestire avventure, alla lunga, è molto faticoso per chi arbitra e talvolta quasi frustrante quando vi si associa un sistema di gioco complesso (per esempio un D&D 3.x o un Rolemaster): gli amanti della strategia adoreranno stare seduti al tavolo a studiare i possibili capovolgimenti di uno scontro armato, ma si rischia di lasciare quanto meno in secondo piano altri aspetti del giocare di ruolo e di frustrare le aspettative di chi non si aspetta esattamente questo da un intrattenimento che si presenta come centrato sul vestire i panni di protagonisti finzionali come supereroi, eroi mitici o simili. Qui si entra nel campo del gusto e della formazione personali ma queste ricadute pratiche (nel bene e nel male) penso siano condivisibili da chiunque abbia un po' di esperienza con questi giochi.

C'è un mondo di possibilità oltre quel binario


2.AVVENTURA A STRUTTURA NON LINEARE
Non mi piacciono molto gli inglesismi, non me ne abbiate. Forse molti di voi chiamano "sandbox" questa tipologia particolare di avventura (anche se la sua accezione videoludica non sarebbe equiparabile). Dopo alcuni anni di arbitraggio "alla D&D" (ovvero come descritto sopra; passatemi questa immagine), ho cominciato a cercare, intanto, dei giochi dal regolamento più semplice e approssimato nella simulazione di certe situazioni (nel mio caso True 20 e Wfrp 2^ edizione) e poi a cambiare totalmente l'approccio alla scrittura e preparazione al gioco. Personalmente mi sono ispirato ai "grandi giochi" che scrivevo per i bambini degli oratori estivi per darmi questo nuovo stile e velocizzare il processo creativo. Secondo questa tipologia si prepara comunque un copione, che però assume la forma di un canovaccio più che di un guida pedissequa di tutto quel che deve accadere e di tutto quello che i giocatori dovrebbero fare per mandare avanti la storia: il canovaccio prevede un innesco (un inizio) e una meta finale. Nel mezzo ci sono alcune indicazioni generiche su quello che potrebbe accadere ai personaggi dello scenario, ma senza scendere nel dettaglio o arrovellarsi per prevedere tutte le possibili alternative che potrebbero scegliere nel procedere della storia. Avrete già capito, e sono anche convinto che non vi sto dicendo nulla di nuovo, che questo approccio richiede di cominciare a padroneggiare alcune capacità di improvvisazione. Da un lato, quindi, c'è un' accoglienza positiva della creatività dei giocatori, pur sempre nell'ambito di una struttura delimitata: il lavoro di preparazione della partita si riduce, anche se richiede di essere forniti comunque di una serie personaggi di contorno, mostri, locazioni e gregari da proporre al volo ai giocatori, per riuscire a rispondere alle loro decisioni (a tal proposito ecco spiegato il perché della necessità di un sistema di gioco non troppo corposo e puntuale). D'altro lato, però, non è detto che i giocatori siano in grado di sfruttare questa possibilità e, nel peggiore dei casi, potrebbero avvertire negativamente l'assenza della guida sicura dell'avventura-copione; verrebbe a mancare un puntello meta-ludico, una certa abitudine di gioco. E c'è da aggiungere che non è sempre facile mettere d'accordo tutti sull'adozione di un sistema di gioco più leggero.


Il viaggio può essere autoreferenziale o relazionale


3. AVVENTURA A NARRAZIONE CONDIVISA
Nelle pubblicazioni ludiche degli ultimi anni, anche in Italia, abbiamo potuto notare una diversa attenzione alla preparazione delle partite per i giochi di ruolo; la cosa interessante non è stata tanto leggere gli ennesimi capitoli su "come fare il master" scritti da questo o quel personaggio famoso del mondo del gdr, ma piuttosto confrontarsi con regolamenti creati appositamente per dare un risultato ottimale in relazione a gestioni completamente nuove della partita. Questo ha significato il tentativo di ovviare anche ad alcuni degli aspetti deteriori delle modalità sopra indicate; lunghezza della preparazione, rigidità eccessiva nella struttura delle avventure, passività abituale dei giocatori e subalternità del loro apporto creativo. Avventure in Prima Serata, Fate, Mondo di Apocalisse sono solo alcuni dei titoli che hanno sparigliato un certo modo di intendere la partita. 
Nei giochi succitati diventa, fin da subito, fondamentale l'apporto dei giocatori, le loro idee; non esiste più una struttura a copione, ma l'arbitro si inserisce in una relazione più orizzontale con gli altri presenti al tavolo e lascia che siano le loro scelte il motore della partita, anche nei casi in cui queste stesse scelte siano totalmente inaspettate e richiedano di essere temperate da vivacità narrativa, mediazione tra pari e improvvisazione. Ad oggi, personalmente, mi riconosco in questo modo di proporre partite di giochi di ruolo; mi ricorda molto il role-play così come inteso nella didattica e nell'animazione, ovvero quello di Jacob Levi Moreno il quale, se non erro, dovrebbe essere stato il primo ad usare questo termine ed in contesto molto diverso da quello dei autori "classici" del gdr.
Anche questa modalità può presentare delle asperità da superare: richiede una partecipazione al gioco molto dinamica e propositiva, una propensione al dialogo nei confronti di tutti i presenti, un ascolto non superficiale e l'elenco potrebbe continuare. La buona notizia è che le sue difficoltà sono anche i suoi punti di forza e sinceramente se dovessi mai usare un gdr in campo didattico/educativo guarderei senza dubbio a questo modo di presentare, condurre e sviluppare la partita di gioco di ruolo. 

Spero di aver condiviso un valido spunto di riflessione. Le immagini sono tratte dal film Stand by me.

Commenti

  1. Articolo molto bello! Se posso però aggiungerei che un buon master dovrebbe essere in grado di muovere tra le tre tipologie, anche a seconda dei gusti del gruppo di giocatori che ha di fronte. Forse, il vero punto di discussione è la non fossilizzazione su di un unico stile, ma la capacità di balzare da uno all'altro nel corso della campagna. Difficile? Forse sì! Stimolante? Moltissimo!
    Ancora complimenti!

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